Negli ultimi anni, la scienza ha iniziato a esplorare con maggiore attenzione il ruolo dell’intestino nella salute psicologica. Una crescente mole di ricerche ha messo in evidenza come il nostro intestino non sia soltanto un organo deputato alla digestione, ma una vera e propria centrale di comunicazione che dialoga costantemente con il cervello, influenzando emozioni, pensieri e comportamenti. Questo dialogo è reso possibile da un sofisticato sistema di connessione noto come “asse intestino-cervello”. Comprendere la natura di questo legame apre nuove prospettive nel trattamento dei disturbi psichici, in particolare ansia, depressione e stress cronico.
Cos’è l’asse intestino-cervello
L’asse intestino-cervello è una rete bidirezionale di comunicazione che coinvolge il sistema nervoso centrale (SNC), il sistema nervoso enterico (SNE), il sistema immunitario e il microbiota intestinale.
L’intestino, spesso chiamato “secondo cervello”, è popolato da circa 100 milioni di neuroni e da trilioni di microrganismi che vivono in simbiosi con il corpo umano. Attraverso segnali nervosi, ormonali e immunitari, l’intestino invia informazioni al cervello e riceve a sua volta messaggi che influenzano la sua motilità, il rilascio di enzimi digestivi e la produzione di neurotrasmettitori.
Una delle vie principali di questo scambio è rappresentata dal nervo vago, che collega direttamente l’intestino al cervello e consente la trasmissione di segnali relativi allo stato del tratto gastrointestinale. Un’altra via fondamentale è quella ormonale, attraverso la produzione di sostanze come la serotonina, di cui circa il 90% viene prodotta a livello intestinale [1].
L’asse intestino-cervello non è statico, ma altamente plastico: fattori ambientali, dieta, stress e farmaci possono modularne il funzionamento, alterando gli equilibri neurochimici e psicologici.
Come il microbiota influenza l’umore
Il microbiota intestinale è l’insieme dei microrganismi che vivono nel nostro intestino: batteri, virus, lieviti e funghi che, nel loro complesso, pesano circa un chilo e mezzo e svolgono funzioni essenziali per la salute. Tra queste, non solo la digestione e l’assorbimento dei nutrienti, ma anche la regolazione dell’umore.
Negli ultimi anni è emerso che il microbiota ha la capacità di influenzare il sistema nervoso centrale attraverso la produzione di metaboliti (come gli acidi grassi a catena corta), neurotrasmettitori (tra cui serotonina, dopamina e GABA) e la modulazione dell’infiammazione [2]. Alcuni ceppi batterici, come i Lactobacillus e i Bifidobacterium, sono stati associati a una riduzione dei sintomi ansiosi e depressivi in diversi studi clinici e sperimentali [3].
In condizioni di disbiosi — uno squilibrio della composizione del microbiota — è più probabile l’insorgenza di problematiche psicologiche. La disbiosi può alterare la permeabilità intestinale, favorendo il passaggio nel sangue di sostanze infiammatorie che raggiungono il cervello, influenzandone la funzione.
Un intestino in salute, invece, tende a sostenere una mente più stabile, flessibile e resiliente. Questa interconnessione suggerisce quanto sia importante, anche nella presa in carico psicologica, valutare il benessere dell’apparato gastrointestinale e, se necessario, lavorare in sinergia con altri specialisti.
Le connessioni tra intestino e stress
Il legame tra intestino e stress è tra i più studiati nell’ambito della psiconeuroimmunologia. Quando una persona è sottoposta a stress acuto o cronico, il corpo attiva una cascata ormonale attraverso l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), che porta alla liberazione di cortisolo. Questo ormone, se prodotto in modo eccessivo e continuativo, può alterare la motilità intestinale, aumentare la permeabilità della barriera intestinale e modificare la composizione del microbiota [4].
D’altra parte, uno stato di disbiosi può alimentare ulteriormente la risposta infiammatoria e lo stress percepito, instaurando un circolo vizioso in cui l’intestino agisce da cassa di risonanza delle tensioni emotive. È frequente, infatti, che nei momenti di maggiore sovraccarico psicologico emergano sintomi intestinali come gonfiore, diarrea, stitichezza, dolori addominali, che a loro volta aumentano il disagio emotivo.
In ambito psicologico, è importante riconoscere quanto il corpo partecipi ai processi mentali e quanto il sistema digestivo possa essere un indicatore sensibile dello stato psichico. Un ascolto attento del paziente deve includere anche il suo vissuto corporeo, perché le emozioni spesso si manifestano prima nel corpo che nella consapevolezza cognitiva.
L’approccio terapeutico, in questo senso, non può limitarsi alla verbalizzazione, ma deve integrare strategie che coinvolgano la regolazione fisiologica: esercizi respiratori, tecniche di rilassamento, e nei casi indicati, suggerimenti mirati sullo stile di vita.
Alimentazione e salute mentale
L’alimentazione gioca un ruolo cruciale nel mantenimento del benessere psicologico, proprio per la sua influenza sull’asse intestino-cervello. Una dieta ricca di zuccheri raffinati, grassi
saturi e alimenti ultraprocessati può contribuire alla disbiosi e all’infiammazione, con ricadute
negative sull’umore e sulla capacità di gestione dello stress [5].
Al contrario, uno stile alimentare basato su cibi integrali, frutta, verdura, legumi, cereali non
raffinati e alimenti fermentati (come yogurt, kefir, miso e crauti) promuove la diversità e l’equilibrio del microbiota. Nutrienti come gli omega-3, il magnesio, le vitamine del gruppo B e gli antiossidanti hanno dimostrato di supportare la salute mentale attraverso meccanismi antinfiammatori e neuroprotettivi [6].
Alcuni studi hanno evidenziato come l’adozione di una dieta di tipo mediterraneo sia associata a una riduzione del rischio di depressione e ansia [7]. In particolare, l’aumento del consumo di fibre vegetali favorisce la produzione di acidi grassi a catena corta, che hanno effetti positivi sia sulla mucosa intestinale sia sul funzionamento cerebrale.
In ambito terapeutico, incoraggiare un’attenzione consapevole all’alimentazione può avere effetti significativi sull’efficacia del percorso psicologico. Spesso il cambiamento delle abitudini alimentari non ha solo un impatto biochimico, ma anche simbolico e motivazionale, rinforzando il senso di padronanza e di cura di sé.
Quando il paziente è motivato, introdurre piccole modifiche graduali nella dieta può diventare parte integrante del lavoro psicologico, contribuendo a rafforzare i risultati ottenuti in seduta. Non si tratta di “dare una dieta”, ma di accompagnare la persona nella scoperta del legame tra ciò che mangia e ciò che sente, aiutandola a sviluppare un ascolto più profondo del proprio corpo.
Conclusioni
Il corpo parla, talvolta prima della mente. L’intestino, in particolare, rappresenta un luogo privilegiato dove emozioni, pensieri e segnali corporei si incontrano e si influenzano reciprocamente. L’asse intestino-cervello non è un concetto astratto, ma una realtà biologica che merita attenzione anche nell’ambito della psicologia clinica.
Riconoscere il ruolo dell’intestino nella salute mentale significa uscire da una visione frammentata dell’essere umano e adottare una prospettiva integrata, dove mente e corpo dialogano in modo continuo. Per chi si occupa di salute psicologica, aprirsi a questo dialogo rappresenta non solo una possibilità di intervento più efficace, ma anche un’opportunità per restituire alla persona la sensazione di avere, dentro di sé, risorse naturali per il proprio equilibrio.
In definitiva, la crescente evidenza scientifica sull’asse intestino-cervello suggerisce che la regolazione della salute mentale non può prescindere dalla considerazione dei meccanismi neurobiologici e immunologici che coinvolgono l’intestino. Intervenire sul piano psicologico significa anche valutare l’equilibrio del sistema enterico e del microbiota, in un’ottica integrata. L’intestino si configura così non solo come organo digestivo, ma come attore attivo nei processi che influenzano umore, stress e resilienza psicologica.
Contributo a cura di Dott.ssa Roberta Iannuzzo
Bibliografia
1. Carabotti, M., Scirocco, A., Maselli, M.A., & Severi, C. (2015). The gut-brain axis: interactions between enteric microbiota, central and enteric nervous systems. Annals of Gastroenterology, 28(2), 203–209.
2. Dinan, T.G., & Cryan, J.F. (2017). The Microbiome-Gut-Brain Axis in Health and Disease. Gastroenterology Clinics of North America, 46(1), 77–89.
3. Wallace, C.J.K., & Milev, R. (2017). The effects of probiotics on depressive symptoms in humans: a systematic review. Annals of General Psychiatry, 16(1), 14.
4. Foster, J.A., & Neufeld, K.A.M. (2013). Gut–brain axis: how the microbiome influences anxiety and depression. Trends in Neurosciences, 36(5), 305–312.
5. Jacka, F.N., Mykletun, A., Berk, M. et al. (2011). The association between habitual diet quality and the common mental disorders in community-dwelling adults: the Hordaland Health Study. Psychosomatic Medicine, 73(6), 483–490.
6. Rucklidge, J.J., & Kaplan, B.J. (2013). Nutrition and mental health. Clinical Psychological Science, 1(2), 193–204.
7. Lassale, C., Batty, G.D., Baghdadli, A. et al. (2019). Healthy dietary indices and risk of depressive outcomes: a systematic review and meta-analysis of observational studies. Molecular Psychiatry, 24, 965–986.
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