Autismo: cosa significa essere neurodivergente

L’autismo è una neurodiversità che comprende caratteristiche che influenzano il modo in cui l’individuo si relaziona con ambiente e persone. Se gli esseri umani, infatti, tendono a voler stare con gli altri, a prescindere o meno dalle proprie capacità di comunicare, le persone affette da autismo affrontano numerose difficoltà relazionali, dovute alle loro difficoltà a parlare con gli altri e a comprendere e controllare i propri pensieri e quelli di chi hanno intorno.

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Cos’è lo spettro autistico

La parola Autismo deriva dal termine greco «autòs» e significa sé stesso. Il riferimento deriva dall’isolamento nel quale si ritrova una persona autistica, una difesa dagli stimoli dolorosi del mondo, nonché una conseguenza degli stessi sintomi dell’autismo. Nel DSM-5, il Disturbo dello Spettro Autistico include il Disturbo Autistico, il Disturbo di Asperger, il Disturbo Disintegrativo dell’Infanzia e i Disturbi Pervasivi dello sviluppo non altrimenti specificati.

La parola Autismo è stata coniata nel 1916 dallo psichiatra E. Bleuler per definire i sintomi negativi della schizofrenia (ritiro sociale, apatia, anedonia) in pazienti adulti. Il termine fu poi ripreso nel 1943 da Kanner per descrivere comportamenti peculiari di bambini, definendoli come “disturbi autistici del contatto affettivo”. Oggi l’autismo è noto come un disturbo del neuro-sviluppo che coinvolge principalmente linguaggio e comunicazione, interazione sociale, e prevede interessi ristretti e stereotipati e comportamenti ripetitivi.

Neurotipico vs neurodivergente

Neurodiversità è un termine coniato nel 1998 dalla sociologa J. Singer come sinonimo di biodiversità neurologica, indicando le variazioni naturali tra un cervello e l’altro nella specie umana. Secondo questa idea, tutti gli esseri umani sono neurodiversi.

Tuttavia, nella molteplicità della neurodiversità, si possono notare caratteristiche comuni alla maggior parte delle persone che, al netto delle differenze individuali, possono far considerare un individuo come tipico. Queste persone vengono chiamate neurotipiche.

Una minoranza della popolazione ha uno sviluppo neurologico statisticamente differente e descritto come atipico. Queste persone, definite neuroatipiche o neurodivergenti, includono individui autistici, DSA, ADHD, tourettici.

I sintomi e la diagnosi dell’autismo

Il disturbo dello Spettro Autistico copre un ampio spettro di sintomi, livelli di abilità e disabilità, che possono gravare o meno nelle autonomie e nella quotidianità. Secondo il DSM-5, per fare diagnosi di autismo devono essere soddisfatti i seguenti criteri:

  • la presenza di un deficit persistente nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale in diversi contesti;
  • la presenza di comportamenti, interessi e/o attività ristretti e ripetitivi;
  • i sintomi devono essere presenti sin dalla prima infanzia (ma possono non diventare completamente manifesti finché la domanda sociale non eccede il limite delle capacità);
  • l’insieme dei sintomi deve compromettere il funzionamento quotidiano.

Il DSM 5, inoltre, indica anche la necessità di specificare la gravità dei sintomi su una scala di 3 livelli, nella quale il livello 1 indica un grado di compromissione minore e il livello 3 un grado di compromissione maggiore. Per l’assegnazione del livello è necessario far riferimento a tre specificatori: severità dei sintomi, livello del linguaggio e livello cognitivo.

I primi segnali di autismo si manifestano con problemi in alcune aree specifiche, in particolare la capacità di comunicare e relazionarsi con gli altri. Alcuni bambini mostrano segni dalla nascita, altri mostrano i primi sintomi tra i 18 e i 36 mesi.

Alcuni segnali nei bambini, che possono essere notati dalle figure genitoriali, sono:

  • totale assenza o ritardo nell’eloquio;
  • ripetizione di suoni, parole o movimenti degli arti stereotipati e ripetitivi;
  • contatto oculare assente o molto ridotto, e poche espressioni facciali;
  • gioco solitario preferito al gioco con pari, con preferenza per attività prevedibili e strutturate;
  • forte angoscia per i cambiamenti e gli imprevisti;
  • interesse persistente su un argomento specifico, parte di un giocattolo o di un oggetto;
  • assenza di triangolazione (bambino-oggetto-adulto).

Sconfiggere i tabù

Se la sintomatologia che caratterizza il disturbo dello spettro autistico è ormai abbastanza nota, le cause di questa complessa patologia invece, risultano ancora sconosciute. La domanda comune di tutti i genitori è “Cosa ha causato l’autismo di mio figlio?”. Ma, purtroppo, non esiste una risposta univoca. La ricerca, infatti, indica una combinazione di potenziali cause di autismo che possono anche non avere un ruolo nella diagnosi. Esistono tre categorie di fattori di rischio che contribuiscono all’autismo: genetico, ambientale e differenze nella biologia cerebrale.  

A causa di questa ambivalenza, sono sorti negli anni diversi tabù sull’autismo:

  • L’autismo è causato dai vaccini: FALSO. Nel 1998, un medico inglese, il dottor Wakefield, pubblica un articolo teorizzando un legame tra il vaccino trivalente e l’insorgenza di malattie intestinali e autismo. Successivamente, un grande numero di studi ha confutato i risultati del primo lavoro di Wakefield, smentendo l’associazione tra vaccini e autismo. Nel 2004, è stato dimostrato un importante conflitto di interessi e l’articolo è stato ritirato dalla rivista. È stato ripetutamente dimostrato che l’autismo è una malattia multifattoriale che insorge già durante la vita intrauterina.
  • L’autismo è causato dalla presenza del mercurio nei vaccini: FALSO. Sono state condotte numerose ricerche su questo tema da agenzie internazionali indipendenti e nessuna evidenza sostiene questa ipotesi ancora, purtroppo, in voga in Italia.
  • Lo scarso affetto dei genitori causa l’autismo: FALSO. L’autismo è una malattia del neurosviluppo, con base biologica e con una componente genetica certa. Non è stato ancora individuato il gene dell’autismo perché l’origine della malattia è legata all’alterazione di più geni e alla loro interazione con fattori ambientali (malattia multifattoriale).
  • L’autismo passa con la crescita: FALSO. L’autismo non è una malattia ma una condizione di vita. Ad oggi, non esiste un farmaco contro l’autismo e non vi è alcuna evidenza scientifica che gli interventi psicoanalitici possano curarlo. Tuttavia, è invece evidenziato dalla ricerca che interventi comportamentali precoci e intensivi possono migliorare le capacità relazionali, comunicative e di autonomia dei ragazzi autistici, favorendone una migliore qualità di vita.
  • Bambini con autismo non parleranno mai se non lo fanno sin da piccoli: FALSO. Si tratta di un indicatore prognostico, ma il linguaggio può emergere anche in età pre-adolescenziale. Allo stesso tempo, non è vero che se un bambino parla non può essere autistico, dato che, a volte, è possibile ritrovare una forma di linguaggio evoluta, anche se può risultare limitata nel numero di parole usate, nella correttezza o nella capacità espressiva.
  • Tutti gli individui con autismo evitano il contatto oculare e le relazioni sociali e tutti i bambini autistici non abbracciano e non amano essere toccati: FALSO. Non tutte le persone con autismo possiedono gli stessi sintomi o li manifestano in uguale intensità.
  • I bambini autistici possono presentare alcune capacità “geniali”: FALSO. Le persone con autismo hanno, nella maggior parte dei casi, interessi specifici e ristretti e questi diventano per loro una grande risorsa. Tuttavia, un bambino può ricordare il compleanno di tutti i suoi compagni di classe e non riuscire a usare correttamente i pronomi personali «io» o «tu». Purtroppo, molte persone con autismo (circa il 40%) presentano anche deficit cognitivi. Nel restante 60% dei casi, la maggior parte ha un quoziente intellettivo medio. I cosiddetti “autistici geniali” sono solo una minima parte, esattamente come per il resto della popolazione.

L’autismo negli adulti e come la terapia può aiutare

L’autismo non è una malattia, ma una condizione che dura per tutta la vita. Tuttavia, si sa ancora relativamente poco sulla vita degli adulti con lo spettro autistico, soprattutto quando questo è stato diagnosticato successivamente.

Fare diagnosi di autismo in età adulta è complesso, dato che spesso i sintomi sono diversi e meno evidenti, confondibili con diagnosi di altro tipo, come disturbi dell’attenzione, depressivi o di personalità. Può accadere, infatti, che i sintomi si manifestino anche più in la rispetto al periodo precoce dello sviluppo, a causa di strategie compensative acquisite durante la crescita.

La ricerca sulla prognosi, sui risultati o sugli interventi efficaci per gli adulti con autismo è molto più limitata. Ciò rende queste persone più svantaggiate. Da uno studio di Croen del 2015, è emerso che gli adulti con autismo presentano in comorbilità disturbi psichiatrici come ansia, depressione, DOC, disturbi del sonno, schizofrenia, tentativi di suicidio e disturbo bipolare, e anche malattie gastrointestinali, diabete e malattie immunitarie.

Gli adulti con autismo con un buon funzionamento cognitivo sono spesso costretti a “conformarsi” alle aspettative degli altri, in tutti i campi. È uno sforzo messo in atto per nascondere le loro difficoltà sociali, legate soprattutto alla comunicazione, per evitare di essere esclusi, emarginati, licenziati. Tuttavia, il distacco emotivo o la capacità di mantenere il focus su una procedura, per alcuni individui, sono stati punti di forza che gli hanno permesso di avere maggiore successo sul lavoro.

L’autismo in età adulta è ancora oggi un settore di ricerca aperto. Sarebbe importante creare una rete e un’assistenza che consenta, alle famiglie delle persone con autismo e al pubblico in generale, di conoscere e riconoscere bene le caratteristiche, invisibili e quindi spesso incomprensibili, di questo disturbo. Sicuramente non si può parlare di un unico approccio terapeutico, ma questo dovrebbe essere di tipo integrato con un’equipe multidisciplinare, mirato a lavorare sulle autonomie personali, sulle regole sociali e sulla socialità con scopo abilitativo e psicoeducativo, anche con il coinvolgimento dei familiari.

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Bibliografia

American Psychiatric Association, (2014), MANUALE DIAGNOSTICO E STATISTICO DEI DISTURBI MENTALI, Quinta Edizione, Raffaello Cortina Editore.

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Geraci M. A., I disturbi del neurosviluppo. Descrizione, trattamenti e indicazioni per gli insegnanti, Franco Angeli, 2022.

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Sitografia

www.salute.gov.it/portale/saluteMentale/dettaglioContenutiSaluteMentale.jsp?lingua=italiano&id=5613&area=salute%20mentale&menu=vuoto

www.autismo.it/

www.portale-autismo.it/definizione-di-autismo/

www.istitutosantachiara.it/autismo-in-eta-adulta/

www.erickson.it/it/mondo-erickson/articoli/10-falsi-miti-sull-autismo/

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