Apatia: quando non ho voglia di fare niente

“Mi sento sempre stanco, come se dormire non mi riposasse più. Forse per questo non ho voglia di fare le cose. So che dovrei farle, ma mi sento stanco solo al pensiero, e rimando sempre. Allora quelle si accumulano, ma non mi preoccupo neanche più. La cosa non mi angoscia come avrebbe fatto un tempo. Non so bene perché, so solo che non mi va. Non mi va è la mia frase preferita, ultimamente. Non mi va di prepararmi, non mi va di uscire, non mi va di vedere gente, stare in mezzo alla folla o parlare, non mi va di lavorare. Vorrei parlarne con qualcuno, ma poi ci penso… e non mi va”.
Mattia, 42 anni

L’apatia può compromettere in modo significativo il funzionamento di chi ne soffre in diversi ambiti, e provocare, quindi, una riduzione della qualità della sua vita. Ma cos’è, esattamente, l’apatia, e come si manifesta? Come faccio a sapere se ne soffro? Si può curare? Scopriamolo insieme, in questo articolo.

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Definizione e sintomi

Il termine apatìa, dal lat. apathīa, gr. ἀπάϑεια, significa letteralmente «insensibilità» e indica uno stato di inerzia, indifferenza e scarsa reattività da parte di un individuo. È caratterizzata dalla mancanza di interesse, di motivazione e perfino di emotività: una persona apatica viene spesso descritta come pigra, annoiata, impassibile, passiva, disinteressata, incurante, e così via. Ma come si sente davvero chi ne soffre? Molte delle persone che sperimentano l’apatia riferiscono, ad esempio, di sentirsi svuotate, svogliate e prive di energia, per questo di solito evitano impegni, situazioni sociali e responsabilità.

Tra i segni più comuni di apatia rientrano:

  • difficoltà a intraprendere o portare a termine le attività quotidiane, da quelle basilari, come la cura di sé, fino alle mansioni lavorative;
  • riduzione quantitativa dei comportamenti intenzionali finalizzati, ad esempio prendere l’iniziativa per fare qualcosa;
  • riduzione o assenza di emozioni, soprattutto in risposta a eventi positivi/negativi;
  • deficit della motivazione, soprattutto nell’imparare nuove cose o nel fare esperienze nuove;
  • scarsi livelli di energia;
  • appiattimento socio-affettivo, cioè indifferenza verso la socialità e le relazioni interpersonali.

Cause e classificazioni dell’apatia

La maggior parte di noi prova, nell’arco della vita, naturali momenti di apatia, e in questo non c’è niente di particolarmente preoccupante, soprattutto se colpisce un ambito circoscritto della quotidianità (ad esempio, quello sociale ma non quello lavorativo, o viceversa). Perfino l’apatia può, infatti, essere una reazione emotivo-comportamentale a qualcosa che ci è accaduto, la risposta a un momento di stress o a un trauma subìto. Ma, quando persiste e colpisce indifferentemente tutte le aree della vita e ne compromette la qualità, è plausibile che si tratti del sintomo di una patologia sottostante. Ecco le principali condizioni patologiche che provocano apatia:

  • disturbi d’ansia;
  • depressione;
  • malattia di Alzheimer;
  • corea di Huntington;
  • grave insufficienza tiroidea;
  • demenza (fronto-temporale, vascolare, ecc);
  • malattia di Parkinson;
  • schizofrenia;
  • ictus.

Anche l’abuso di sostanze può essere causa di apatia, soprattutto nel caso di alcool e sostanze psicoattive come anfetamine e cocaina che, agendo sul sistema nervoso, influenzano la sfera emotiva e quella comportamentale: il nostro sentire e il nostro agire.

Come premesso, è possibile, e anche piuttosto frequente, sperimentare apatia senza che questa sia riconducibile a una condizione patologica: si possono dunque vivere periodi apatici pur essendo fisicamente e psicologicamente sani.  A tal proposito, uno studio statunitense del 2019 si è proposto di indagare l’apatia provata da persone sane e di classificare, sulla base delle “aree colpite”, diversi sottotipi. Secondo gli studiosi, una persona può, difatti, provare:

  • apatia generale, caratterizzata da sintomi come scarsa motivazione, ridotte risposte emotive e assenza di impegno sociale;
  • apatia emotiva, caratterizzata in modo più specifico dalla mancanza di contatto con le proprie emozioni, e quindi dall’assenza di emozioni positive o negative;
  • apatia comportamentale, che riguarda la diminuzione o l’assenza di comportamenti finalizzati a uno scopo, nella quale prevalgono le sensazioni di stanchezza e svogliatezza;
  • apatia cognitiva, che riguarda i casi in cui l’individuo ha subìto danni alle aree cerebrali prefrontali (ad esempio a seguito di un trauma cranico), poiché da queste aree dipendono le cosiddette funzioni esecutive (memoria di lavoro, attenzione focalizzata, capacità di inibizione, autoregolazione emotiva, flessibilità cognitiva, capacità di pianificazione), ovvero quelle funzioni “superiori” che ci permettono di valutare la situazione, scegliere quale comportamento adottare in base al contesto, pianificarne l’esecuzione e quindi metterlo in atto. In questi casi, più che considerare l’apatia la manifestazione di una patologia, la si considera un problema secondario dovuto al danno (cerebrale) primario.

Apatia o Depressione?

Spesso, si parla di apatia all’interno di quadri clinici di depressione. Le due condizioni condividono una serie di sintomi quali mancanza di interesse, scarsa energia e perdita di insight, ma non sono la stessa cosa. La depressione, infatti, comporta una serie di sintomi aggiuntivi dovuti alla significativa deflessione del tono dell’umore, quali pianto, tristezza, ansia, agitazione, insonnia, senso di impotenza e disperazione, pensieri di morte. La deflessione dell’umore e i relativi sintomi non sono presenti nell’apatia, che può dunque sussistere anche in assenza di depressione.

Inoltre, nel corso degli anni, diversi studi hanno dimostrato differenze nei correlati neurali di apatia e depressione. Infatti, mentre l’apatia risulta correlata ad una compromissione dei livelli di Dopamina, ossia il neurotrasmettitore della motivazione e della ricompensa, ma anche dell’eccitazione, della produttività e dell’euforia, la depressione è invece correlata a bassi livelli di Serotonina, ossia il neurotrasmettitore del buonumore, della calma e della concentrazione. Questi due neurotrasmettitori lavorano in sinergia tra loro e hanno spesso ruoli complementari: ad esempio, la serotonina inibisce il comportamento impulsivo, mentre la dopamina lo incrementa. Considerando che l’apatia è uno stato opposto a quello dell’impulsività, possiamo notare come tutto fili perfettamente!

Un’altra condizione dalla quale è bene distinguere l’apatia è l’anedonia: mentre la prima riguarda la mancanza di motivazione, iniziativa e investimento energetico nelle attività della vita, la seconda si riferisce alla mancanza di un sentimento più specifico, che è il piacere. Una persona con apatia non si sente motivata per fare qualcosa e non ha l’energia necessaria per farlo, una persona con anedonia non ha piacere a fare qualcosa e, di conseguenza, non ha interesse a farlo. Una differenza sostanziale!

Come uscirne con la psicoterapia

Curare l’apatia significa trattare le cause alla base dell’apatia stessa, siano esse mediche o psicologiche. Nel primo caso, se le cause riguardano una delle patologie menzionate in questo articolo, è probabile che sia necessario un intervento farmacologico, e quindi l’aiuto di un medico specialista che, a seconda della patologia in atto, guidi la persona nel percorso di trattamento. Ma, per comprendere le ragioni dell’apatia, è necessario tornare in contatto con le proprie emozioni e ritrovare l’energia per “fare” la psicoterapia. Dunque sia come trattamento combinato insieme a quello farmacologico, sia nei casi in cui l’apatia non è connessa ad alcuna patologia, la terapia può fare molto per chi soffre di questa condizione.

La terapia psicologica può aiutare a capire perché si è diventati apatici in un determinato momento di vita, nel caso in cui questa sia la risposta a eventi negativi o stressanti, e può aiutare a capire se si tratta del campanello d’allarme per una patologia sottostante, in modo da affrontarla insieme al terapeuta, può aiutare a distinguerla da depressione e anedonia e ad agire di conseguenza, può aiutare chi ne soffre a scuotere lo stato di apatia attraverso la trasformazione di alcuni pensieri o comportamenti disfunzionali, e molto altro. L’apatia può compromettere seriamente la vita di una persona dal punto di vista familiare, relazionale, lavorativo, sessuale e personale: la soluzione migliore è chiedere aiuto a un professionista.

Esistono, poi, alcuni piccoli accorgimenti che è possibile mettere in atto nella vita di tutti i giorni e che possono aiutare a prevenire l’apatia, se non l’abbiamo ancora incontrata sul nostro percorso.

  1. Fai nuove esperienze, anche piccole e anche se ti sembra difficile: sarà inevitabile provare emozioni positive e spezzerai la monotonia, solida alleata dell’apatia.
  2. Quando devi affrontare situazioni difficili, respira e cerca di scomporle in piccoli passi: un po’ alla volta, saranno più realizzabili e avrai maggiore motivazione per affrontare il passo successivo.
  3. Occhio ai segnali: presta attenzione alle situazioni che sembrano toglierti motivazione ed energia, e affrontale con l’aiuto di un professionista. Prevenire è meglio che curare!

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Bibliografia

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