Nel linguaggio comune, con “panico” intendiamo una forte reazione di ansia e paura che si sperimenta di fronte a un pericolo inatteso. La parola viene ripresa dalla mitologia greca (come spesso accade quando analizziamo la terminologia psicologica): secondo i greci, Pan, il dio delle montagne e dell’agreste, aveva l’abitudine di godersi agio e vino in tenute agresti e, quando un viandante passava per quei luoghi, veniva colpito da una sensazione misteriosa, indefinibile, che prese il nome di “terror panico”.
Oggi, spesso, questa parola viene usata nel quotidiano anche per eventi dalla minima portata emotiva, ma, se osserviamo il fenomeno attraverso un’ottica più tecnico-scientifica, ci renderemo conto che un attacco di panico ha delle caratteristiche ben definite. Sebbene possa capitare a molti di sperimentare un attacco di panico, è bene sottolineare che un episodio sporadico non sottende necessariamente un disturbo vero e proprio. È però necessario porvi la giusta attenzione e conoscere la sintomatologia del panico, imparando a distinguere un attacco di panico occasionale dal disturbo da panico vero e proprio.
Riconoscere un attacco di panico isolato o sporadico
L’attacco di panico non è di per sé un disturbo mentale. Gli attacchi di panico possono verificarsi in molte situazioni: si presentano in seguito all’assunzione di farmaci o droghe, possono essere causati da stati d’ansia, rientrare in fenomeni di disturbi come la depressione, o possono essere casi isolati legati a forte stress. Secondo il DSM-5, l’attacco di panico è un episodio caratterizzato dalla comparsa improvvisa di paura o disagio molto intensi che raggiungono il picco in pochi minuti con sintomi fisici di vario tipo: sudorazione, tremori, palpitazioni, senso di soffocamento o asfissia, dolore al petto, nausea o dolori addominali, brividi o vampate di calore, paura di morire. Quest’ultimo sintomo è di tipo più cognitivo che fisico: il motto preferito dagli psicologi è “non si muore di attacchi di panico”, perché è effettivamente così; l’attacco di panico non uccide, quindi la percezione comunemente diffusa di stare per morire rappresenta uno dei sintomi cognitivi che accompagnano l’attacco.
Un attacco di panico isolato o sporadico può essere innescato da un evento particolarmente stressante, come una situazione di pericolo, o da cause fisiologiche, come la stanchezza o la mancanza di sonno. In altri casi, può verificarsi senza una causa evidente, lasciando la persona confusa e spaventata dall’improvvisa comparsa dei sintomi. Nonostante l’intensità del momento, gli attacchi di panico isolati tendono a essere eventi limitati: spesso, dopo aver vissuto un attacco di panico isolato, la persona può recuperare completamente e non sperimentare altri episodi simili per lunghi periodi o anche per il resto della vita. Tuttavia, un singolo attacco di panico può lasciare una forte impressione emotiva e far sviluppare una paura anticipatoria, ossia la paura di avere un altro attacco. Questo può portare a un comportamento di evitamento, in cui la persona cerca di evitare situazioni o luoghi che potrebbero scatenare un nuovo attacco, limitando così la propria vita sociale e lavorativa: l’evitamento, a sua volta, rafforza la paura che l’attacco di panico potrebbe tornare, facilitando così l’effettivo verificarsi di un nuovo attacco di panico.
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Cos’è il disturbo da panico cronico
Ciò che permette di diagnosticare effettivamente il disturbo da panico è la presenza di ricorrenti attacchi, che si presentano come inaspettati, senza un chiaro elemento scatenante. A differenza di un singolo attacco isolato, il disturbo da panico è una condizione psicologica più complessa e persistente, più difficile da normalizzare per il paziente stesso: non è necessario che gli attacchi presentino caratteristiche elevate di frequenza e gravità, perché, per instaurarsi, il disturbo di panico ha bisogno della paura. Infatti, uno degli aspetti centrali di questo disturbo è la presenza, nella mente del paziente, di credenze catastrofiche e allarmanti riguardo la possibilità di sviluppare un nuovo attacco di panico.
Queste credenze, sviluppatesi generalmente dopo l’esperienza di pochi attacchi isolati, si accompagna spesso a comportamento di evitamento di alcune situazioni: la persona modifica adattivamente il proprio comportamento al fine di evitare di incorrere in situazioni che lo possono sottoporre a sensazioni fisiche simili a quelle esperite durante l’attacco (ad esempio, l’esercizio fisico, che in comune con l’attacco di panico ha i sintomi fisici di sudore, palpitazioni e dolori addominali). Chi soffre di disturbo di panico tende a riorganizzare la propria vita quotidiana per assicurarsi un rapido soccorso da parte di terzi nel caso in cui dovesse esperire un nuovo attacco: la presenza di altri significativi serve al paziente a scongiurare la morte improvvisa (che rappresenta la paura più forte per un panicoso), ma si tratta anche di un comportamento protettivo che inconsciamente rinforza l’idea che la paura per un nuovo attacco sia giustificata.
Come trattare il disturbo da panico
Per i motivi sopracitati, molti approcci terapeutici hanno come scopo quello di rompere questa credenza, normalizzando l’esperienza del panico ed educando il paziente alla conoscenza degli attacchi, in modo da sconfiggere la paura di una morte improvvisa conseguente al panico. In particolare, il trattamento per eccellenza del disturbo da panico si basa su un approccio integrato, che combina interventi psicoterapeutici e, quando necessario, farmacologici. La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) è una delle terapie più efficaci per trattare il disturbo di panico: questo approccio aiuta la persona a identificare e modificare i pensieri distorti legati al panico e a sviluppare strategie per affrontare i sintomi fisici e psicologici degli attacchi di panico. La CBT insegna anche tecniche di rilassamento e di gestione dell’ansia, come la respirazione diaframmatica e il rilassamento muscolare progressivo, che possono essere utilizzate durante un attacco di panico per ridurre l’intensità dei sintomi.
Un altro approccio efficace è l’esposizione graduale, una tecnica che mira a ridurre l’ansia anticipatoria associata al disturbo di panico. Durante il trattamento, il paziente è esposto in modo graduale e controllato a situazioni che normalmente eviterebbe, imparando progressivamente a gestire l’ansia senza ricorrere al comportamento di evitamento. Questo processo aiuta a ridurre la paura di nuovi attacchi e permette alla persona di recuperare il controllo sulla propria vita quotidiana. In alcuni casi, il trattamento farmacologico può essere utile, soprattutto se il disturbo di panico è particolarmente grave o resistente alla terapia psicologica. I farmaci più comunemente utilizzati includono gli antidepressivi della classe degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e i farmaci ansiolitici, come le benzodiazepine. Gli SSRI sono spesso preferiti perché aiutano a ridurre l’ansia a lungo termine e hanno un profilo di sicurezza migliore rispetto agli ansiolitici, che possono creare dipendenza se utilizzati per periodi prolungati.
Comprendere la differenza tra un attacco di panico isolato e il disturbo da panico è cruciale per riconoscere i sintomi, affrontarli e cercare il supporto adeguato. Il trattamento, che include la terapia cognitivo-comportamentale, l’eventuale uso di farmaci e il sostegno sociale, offre ottime prospettive di miglioramento per chi soffre di questa condizione, permettendo di riprendere il controllo della propria vita e ridurre l’impatto devastante del panico.
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Bibliografia
Attacchi e disturbo di panico (Sanavio E., Sanavio F; Hogrefe, Firenze, 2019)
DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (APA; Raffaello Cortina, Milano, 2013)
Introduzione alla psicoterapia cognitiva (Perdighe, Mancini; Elementi di psicoterapia cognitiva, Fioriti, 2008)
Manuale di psichiatria (Balestrieri, Bellantuono, Berardi, Di Giannantonio, Rigatelli, Siracusano, Zoccali; Il Pensiero Scientifico Editore, 2014)
Psicoterapia cognitiva (Perdighe, Gragnani; Raffaello Cortina, 2021)
Test of a cognitive theory of panic (Clark; Panic and Phobias, Springer; 1988)
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