Dipendenze Patologiche: cosa sono, cosa le causa e come rimediare

Una dipendenza è una condizione psichica e, talvolta, anche fisica (OMS), causata dall’assunzione di una sostanza oppure dalla reiterazione di un comportamento. Una dipendenza diventa patologica quando assume un ruolo preponderante nell’esistenza dell’individuo, compromettendone la qualità della vita.

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Le dipendenze fanno parte della storia umana

Parlare di dipendenze patologiche significa necessariamente parlare della storia dell’uomo, poiché in ogni momento storico è possibile rintracciare documenti che attestano l’uso che intere popolazioni facevano di sostanze psicoattive. In questa definizione rientrano tutte quelle sostanze che, immesse nell’organismo, sono in grado di alterare lo stato di coscienza o le funzioni mentali degli individui.

Da sempre, a ogni latitudine e in qualsiasi epoca, l’uomo ha fatto uso di sostanze psicoattive con scopi differenti: nell’antichità, egizi, cretesi e cinesi usavano l’oppio, le popolazioni dell’America centrale e meridionale facevano uso di peyote e mascal e masticavano foglie di coca per combattere fame e fatica; alla fine dell’Ottocento, le farmacie vendevano infusi a base di oppio e alcol per curare diversi malanni; persino la famosa bevanda Coca-Cola nacque come medicinale curativo per le emicranie, ed era realizzata a base di coca.

È chiaro che queste sostanze erano utilizzate in forma naturale e per benefici specifici che sono stati tramandati nei secoli. Ad oggi, invece, le cose sono rese più complesse dalla manipolazione chimica, che le rende più nocive per il nostro organismo: con il tempo, è cambiato il punto di vista della società nei confronti delle sostanze psicoattive, anche a causa degli avanzamenti tecnologici che hanno permesso di ricavare vere e proprie droghe chimiche partendo da sostanze naturali. Queste nuove sostanze hanno effetti negativi sulla salute e sulla vita sociale, familiare e lavorativa degli individui che ne fanno uso, come evidenziano da quasi un secolo le numerosissime ricerche scientifiche sull’argomento.

Cos’è e come si sviluppa una dipendenza

La dipendenza è, dunque, un fenomeno complesso, che affonda le sue radici nelle reazioni chimiche tra la sostanza e il cervello, e nelle ragioni psicologiche del singolo individuo. Ma, prima di osservarne le cause e le conseguenze sul piano bio-psico-sociale, occorre analizzare cos’è e come si sviluppa la dipendenza.

Lo sviluppo della dipendenza inizia dai primi contatti con una sostanza psicoattiva, che generalmente viene assunta in maniera saltuaria, finché non prende il sopravvento sulla volontà personale e l’individuo non riesce a non farne un uso spasmodico ed eccessivo. L’assunzione immoderata di qualsiasi sostanza provoca un’attivazione di sistemi cerebrali che tendono a rinforzare quel comportamento, cioè ad aumentare le probabilità che esso venga messo in atto. Si crea, così, un loop di assunzione e rinforzo: più l’individuo assume droga e più il suo cervello si modella per ricercare un senso di gratificazione e piacere nell’assunzione, spingendolo farne un uso sempre maggiore per raggiungere un certo livello di benessere. Quindi, il soggetto finirà per mettere in atto quei comportamenti con sempre maggior frequenza: in questo caso, si parla di abuso della sostanza, cioè una ripetuta assunzione, che spesso ha come esito il craving, ovvero la ricerca compulsiva della sostanza, con un irresistibile desiderio di assumerla di nuovo.

Ma cosa succede al nostro cervello quando assumiamo una sostanza psicoattiva?

L’assunzione di nicotina, alcol, cocaina, eroina e numerose altre sostanze ha il potere di attivare un gruppo di aree cerebrali interconnesse che, insieme, creano il cosiddetto “circuito del reward” (o “circuito della gratificazione”): semplificando la teoria, possiamo dire che questo circuito si occupa del piacere, in più o meno tutte le sue forme, e che funziona principalmente grazie all’azione della dopamina (una molecola, più precisamente un neurotrasmettitore catecolaminergico), che viene messa in circolo nel nostro cervello ogni volta che proviamo gratificazione e soddisfazione. Questo circuito viene generalmente stimolato da una gran quantità di attivatori naturali e artificiali: da un gustoso piatto culinario come dall’alcol, dall’orgasmo come dal crack, dallo shopping, dalla musica dal gioco d’azzardo o dall’eroina.

Il circuito del reward è però implicato anche nella dipendenza: la forte e ripetuta stimolazione dei neuroni di questo sistema causa adattamenti nei meccanismi di rinforzo e nello stato motivazionale. Infatti, le aree cerebrali implicate nel circuito determinerebbero, a livello psicologico, la motivazione: in esse tutte le informazioni legate a una determinata esperienza vengono associate tra loro. Detto in parole semplici, queste aree consentono di percepire e discriminare il piacere e la sofferenza, permettendoci di apprendere condotte di ricerca del piacere o in grado di far cessare la sofferenza (e aumentando la probabilità che tali condotte vengano messe in atto).

Il motore di questo intero processo è proprio la dopamina. Ma, a differenza dei gratificanti naturali, le sostanze psicoattive sono in grado di attivare la trasmissione dopaminergica in modo ripetitivo e continuo, senza pause di refrattarietà: questa capacità di provocare piacere in modo identico e ripetitivo costituirebbe il rinforzo positivo, cioè la ragione che spinge il soggetto a instaurare con la sostanza un solido rapporto di bisogno e dipendenza. Quindi, le sostanze psicoattive possiedono capacità motivazionali perché conferiscono proprietà di incentivo a stimoli altrimenti neutri sul piano emotivo.

Le dipendenze da sostanze (tossicodipendenza, dipendenza da farmaci, alcolismo)

Il problema della dipendenza da sostanze è stato socialmente riconosciuto da decenni ed è così entrato a far parte delle categorie diagnostiche del più famoso manuale di diagnosi usato in psicologia: il DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali). Nella sua ultima versione (DSM 5), la tossicomania (drug addiction) viene descritta come un mancato controllo del comportamento di “reward seeking” (ricerca di droga). Il comportamento patologico vero e proprio è il desiderio e la ricerca di droga. Si tratta di una condizione graduale (e non di tipo “tutto o nulla”) e la gravità della condizione dipende dall’urgenza di desideri, bisogni e voglie, misurati in termini di frequenza e intensità. Vengono considerati, inoltre, i ripetuti fallimenti nel trattenersi dal far uso di droghe, nonostante i ripetuti propositi: il vero tossicomane è colui che non ci riesce e il vero problema della tossicomania è proprio nella ricaduta in comportamenti e abitudini di assunzione.

Nello specifico, i criteri diagnostici riguardano:

  • perdita di controllo nell’utilizzo della sostanza, per cui il soggetto può impiegare una gran quantità di tempo per procurarsela, usarla o ristabilirsi dagli effetti dell’uso, e prova craving, anche in qualsiasi momento;
  • compromissione sociale, dovuta al fallimento dell’adempimento dei principali obblighi legati al lavoro, alla scuola o ai compiti domestici, alla conseguenza di trascurare o abbandonare importanti attività sociali, lavorative o ricreative;
  • incapacità di astenersi dall’assunzione nonostante i danni e le difficoltà percepite, poiché si vi si ricorre ripetutamente anche in situazioni nelle quali è fisicamente pericoloso, o anche quando si riconosce di avere problemi fisici o psicologici;
  • presenza di astinenza e tolleranza, che non sono necessarie per una diagnosi, ma possono associarsi a un decorso clinico più grave; la tolleranza è segnalata dal bisogno di dosi progressivamente crescenti per ottenere l’effetto desiderato, poiché il cervello diventa progressivamente meno sensibile agli effetti della sostanza, per cui richiede una dose quantitativamente maggiore per ottenere gli stessi risultati.

Le dipendenze comportamentali (dipendenza da internet, dipendenza affettiva, oniomania)

Ad oggi, la dipendenza da uso di sostanze viene paragonata anche alle cosiddette dipendenze comportamentali. Si tratta di comportamenti che hanno effetti molti simili alla dipendenza da sostanze (ripetitività, stato di tensione anticipatoria nell’attesa della soddisfazione, senso di gratificazione nell’esecuzione del comportamento), e che condividono l’attivazione degli stessi circuiti cerebrali: in questi casi, la sostanza che provoca dipendenza è un comportamento verso il quale si ha una progressiva perdita di controllo. Un esempio riconosciuto a livello diagnostico è il gioco d’azzardo.

Il problema delle dipendenze comportamentali risiede nel fatto che, spesso, i comportamenti che creano dipendenza sono neutri o addirittura fisiologici: cibo, sesso, uso di internet, corsa, shopping, e anche all’interno di una relazione. Tutte queste attività possono naturalmente stimolare l’attivazione del circuito del reward, ma, nel caso della dipendenza vera e propria, quest’attivazione è costante e provoca una serie di effetti cognitivi che compromettono totalmente o parzialmente le quotidiane attività dell’individuo.

È bene sottolineare che la mancata inclusione di questi “comportamenti” nelle classificazioni diagnostiche internazionali è dovuta soprattutto all’ancora insufficiente numero di evidenze scientifiche in grado di giustificarne il riconoscimento come disturbi, ma la letteratura internazionale si sta muovendo in questa direzione.

Come curare le dipendenze

Il primo problema nella cura delle dipendenze riguarda la formulazione della diagnosi: se già è difficile portare un tossicomane alle attenzioni di uno specialista, può essere ancora più difficile separare il problema della dipendenza da meccanismi interni disfunzionali o, addirittura, dalla diagnosi di un secondo disturbo che si presenta in coppia con il primo (cioè una diagnosi in comorbidità, detto in termini tecnici). Inoltre, il lavoro con i tossicomani è reso complesso dal fatto che le sostanze psicoattive (usate con frequenza) modificano il quadro psicologico di un individuo.

Generalmente, il trattamento dei disturbi da addiction prevede un’azione a più livelli, da svolgere contemporaneamente:

  1. Piano farmacologico

La farmacologia risulta utile quando l’individuo è nella fase di abuso di sostanze che producono dipendenza fisica (come l’eroina, il crack o l’alcol) e sono funzionali alla gestione di impulsività e compulsività nei confronti della sostanza.

  1. Piano terapeutico

La farmacologia necessita di essere accostata alla psicoterapia. L’obiettivo terapeutico primario sarà quello di rendere stabile la sintomatologia, educare a una corretta somministrazione dei farmaci e al momentaneo mantenimento dell’uso di sostanze. Successivamente si può procedere alla progressiva riduzione della sostanza. Possono essere molto utili sia approcci terapeutici di gruppo, sia approcci individuali di orientamento psicoanalitico o cognitivo-comportamentale (al fine di abituare il paziente a comportamenti più salutari). Per i casi più gravi, è fortemente indicato il trattamento residenziale presso comunità terapeutiche specializzate.

  1. Piano sociale

Le persone che sviluppano dipendenze patologiche hanno sempre alle spalle un contesto sociale più o meno foriero di occasioni di consumo. È importante considerare il punto di partenza del tossicomane: spesso, l’uso della sostanza è legato a rapporti di amicizia o ad abitudini quotidiane che è difficile cambiare senza che l’individuo provi un certo grado di sofferenza. Inoltre, è molto frequente che ex-tossicodipendenti si ritrovino socialmente isolati. La sofferenza di un ex tossicomane è amplificata dalla possibilità dello stigma sociale: la discriminazione che subisce comporta una marginalizzazione sociale e un senso di isolamento ancor maggiore. Inoltre, lo stigma tende a favorire misure punitive come le disparità di copertura assicurativa, la discriminazione nella selezione per il lavoro, o per l’assegnazione di abitazioni, sanzioni che rendono ancora più problematica la vita di chi si trova in questa situazione e che finiscono, così, per alimentare la ricerca e il consumo delle droghe.

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Bibliografia

Cantelmi T., Lambiase E., Sessa A., Dipendenza da gioco d’azzardo, dipendenza sessuale, dipendenza da internet, dipendenza affettiva, spesa compulsiva, 2004.

Valentini M, Biondi M., L’emergere delle dipendenze comportamentali, 2016.

Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali 5, American Psychiatric Association, 2013.

Balestrieri M., Bellantuono C., Berardi D., Di Giannantonio M., Rigatelli M., Siracusano A., Zoccali R. A., Manuale di Psichiatria, seconda edizione, Il Pensiero Scientifico Editore, 2014.

Perdighe C., Gragnani A., Psicoterapia Cognitiva, Raffaello Cortina Editore, 2021.

Sitografia

www.megliolegale.it/storia-delle-droghe/

www.psiche.santagostino.it/dipendenze-patologiche-interventi/

www.guidodacutipsicologo.it/la-storia-delle-dipendenze-nel-corso-della-storia/

www.humanitasalute.it/in-salute/benessere-casa-e-lavoro/89682-dopamina-sai-come-funziona-il-meccanismo-della-ricompensa/

www.psypedia.it/disturbi-da-uso-di-sostanze-criteri-diagnostici-dsm-5/

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