Crescita personale

Perché ci innamoriamo delle persone sbagliate? Le cause psicologiche

E’ capitato a tutti di avere una relazione fallimentare o di innamorarsi di qualcuno che poi non si è rivelato essere la persona giusta. Ma se il conto delle relazioni sbagliate aumenta e ci ritroviamo spesso a soffrire per questo, dobbiamo porci delle domande che riguardano noi stessi, più che l’altra persona.

Perché scegliamo spesso persone non adatte a noi? Cosa si cela dietro questa dinamica? E soprattutto: come invertire la rotta? Scopriamolo insieme in questo articolo. individuo porta con sé il desiderio di vivere una vita piena, significativa, coerente con i propri valori e capace di esprimere appieno le proprie potenzialità.

Cosa significa “persona sbagliata”

É opportuno subito un chiarimento: non esistono persone giuste e persone sbagliate di per sé. Quando parliamo di “persona sbagliata” stiamo parlando di una persona che, per le sue caratteristiche, la sua visione del mondo e della vita e/o il suo comportamento, si rivela sbagliata per noi. Ovvero quando non avviene l’incastro necessario che ci permette di costruire una relazione stabile, sana e duratura dalla quale entrambe le parti si sentano appagate.

Esistono poi relazioni caratterizzate da dinamiche tossiche e abusanti, dalle quali è meglio allontanarsi il prima possibile, ma che non vanno generalizzate ad ogni “relazione sbagliata”: tutte le relazioni tossiche sono sbagliate per noi, ma non tutte le relazioni sbagliate per noi sono necessariamente tossiche o abusanti. Esiste infatti la possibilità che una relazione finisca, dopo un periodo iniziale di conoscenza e attrazione, per semplice incompatibilità e non per l’instaurarsi di dinamiche tossiche.

I meccanismi inconsci nella scelta del partner

Dunque, perché ci innamoriamo spesso di persone che non vanno bene per noi? Esistono una serie di fattori da considerare che influenzano la scelta del partner e a volte ci spingono a restare in relazioni che ci fanno del male.

Bisogni affettivi ed errata concezione di amore

Persone che hanno sperimentato carenze affettive in passato tenderanno più facilmente a “cedere” a qualunque tipo di richiesta (e perfino di relazione) pur di ottenere affetto; tendono altresì a perdere la propria identità all’interno della relazione: pur di continuare ad avere accanto l’altro, sono disposti a snaturarsi dimenticando chi sono, cosa vogliono, ecc. In questo senso una concezione spesso errata dell’amore rincara la dose: l’idea che per amore possa essere superato ogni ostacolo o che sia la cosa che conti più di ogni altra nella vita, si configurano come fattori di mantenimento del problema, spingendo la persona ad accettare qualsiasi tipo di relazione, anche quelle in cui non ci sono elementi sani.
Qualche esempio di ciò che si accetta “pur di essere amati”: “sì a volte quando si arrabbia mi manca di rispetto e mi aggredisce, però mi ama e mi resta accanto, quindi lo perdono” à si resta all’interno di un rapporto abusante in cui manca il rispetto dell’altro “a me non piacciono molto le cose che facciamo insieme, o le persone che frequenta, ma cosa non si fa per amore?!” à si perdono la propria identità, la propria voce e i propri diritti in virtù di quelli dell’altro “la moglie è una persona orribile, lo tratta davvero male, ma ora non può lasciarla quindi anche se ci sto male resto con lui perché so che mi ama e un giorno starà con me” à si accettano condizioni e ruoli che fanno soffrire perchè ci vengono venduti come un giusto sacrificio attraverso tattiche manipolatorie

Familiarità

Accade spesso di sentire il richiamo da parte di chi mette in atto dinamiche conosciute. Sulla base della relazione che abbiamo sperimentato durante l’infanzia con le figure di accudimento, plasmiamo le nostre aspettative sulle relazioni che avremo da adulti. Se una persona cresce in un ambiente caotico, in cui i ruoli non sono ben definiti, è probabile che scelga un partner che tende a riproporre questo tipo di dinamiche e con il quale ricreare quel tipo di ambiente. Così come se si è cresciuti con figure genitoriali rigide e controllanti è probabile venire attratti da partner che mostrano un grande bisogno di cura e controllo, riproponendo la dinamica conosciuta. Perché? Perché è familiare. E siamo irrimediabilmente rassicurati da ciò che conosciamo, piuttosto che dall’ignoto, da ciò che non conosciamo. Questo avviene nonostante la suddetta dinamica si riveli spesso dannosa, e presto o tardi le conseguenze negative si manifestano.
Significative tal proposito sono la teoria dell’attaccamento di John Bowlby e i relativi stili di attaccamento elaborati da Mary Ainsworth: hanno teorizzato e messo in atto paradigmi che ci mostrano come il comportamento dei nostri genitori influenza il nostro stile di attaccamento relazionale e quindi le nostre relazioni interpersonali.
Lo stile di attaccamento è dunque un modello relazionale che descrive in che modo le persone si legano affettivamente agli altri, sulla base del legame che hanno avuto con i genitori durante l’infanzia.

Esistono quattro tipologie di attaccamento tra figlio/a e genitore:

  • attaccamento sicuro: c’è un genitore disponibile e accudente verso il bambino, che sa di poter accedere alla sua protezione, il che gli consente di esplorare tranquillamente l’ambiente perché sa di poter tornare alla sua base sicura (il genitore) à adulto che vive relazioni equilibrate e stabili, riuscendo ad esprimere le proprie emozioni e concedere fiducia poiché sa di poter essere amato e rispettato
  • attaccamento insicuro-evitante: il genitore non risponde ai bisogni del bambino, che si sente spesso ignorato e rifiutato, quindi impara ad inibire le proprie emozioni, smette di contare sulla figura di accudimento e intraprende una iper-esplorazione dell’ambiente à adulto che tende ad evitare l’emotività, reprimendo i propri bisogni emotivi e minimizzando quelli dell’altro, scegliendo spesso il distacco come strategia di coping; vive la relazione basandosi sul fatto che nessuno possa comprendere e soddisfare i suoi bisogni, quindi tende a non concedersi mai del tutto
  • attaccamento insicuro-ambivalente: il genitore risponde a intermittenza ai bisogni del bambino, lo fa ma in modo non costante, che il bambino percepisce come imprevedibile. Il bambino sperimenta così un’ambivalenza emotiva e un’insicurezza che lo portano a rinunciare ad esplorare l’ambiente per restare accanto alla figura di accudimento e assicurarsi la sua vicinanza à adulto che si mostra bisognoso dell’altro e ne teme costantemente il rifiuto o l’allontanamento: tende a vivere la relazione nell’ansia e richiede continue conferme e rassicurazioni
  • attaccamento insicuro-disorganizzato: in cui il bambino percepisce l’adulto come minaccioso, pericoloso, anziché come figura accudente. Ha bisogno della figura di accudimento ma ne è al contempo spaventato, angosciato: mette allora in atto comportamenti paradossali e disorganizzati à adulto che mette in atto comportamenti confusi e incoerenti nelle relazioni, che si rivelano per lo più instabili e caotiche

Per approfondire questa tematica puoi leggere il nostro articolo “La teoria dell’attaccamento – Come il rapporto con i genitori influenza le relazioni da adulti

Il ruolo della società

Viviamo in una società che tende a premiare e riconoscere le unioni molto più di quanto riconosca e accetti la vita da single; siamo dunque spinti alla ricerca di un partner anche perché la condizione opposta appare sfavorita. Chi non ha mai sentito dire al pranzo di Natale “ma insomma quand’è che trovi un bravo ragazzo con cui sistemarti?” come se, in mancanza di un partner, non si fosse sistemati, bensì incompleti. E’ ovvio che questo tipo di pressione sociale aumenta la motivazione e abbassa le aspettative: per aumentare le possibilità diventiamo meno esigenti e più accomodanti verso l’altro.

Siamo altresì parte di una cultura che idealizza determinate caratteristiche e quindi le persone che le possiedono, rendendole maggiormente desiderabili. Questo ci spinge a basare la scelta del partner su presupposti erronei, perché non necessariamente adatti a noi.

Autostima

Lo stile di attaccamento e la pressione sociale non fioriscono se non trovano il terreno fertile della scarsa autostima. Sentirsi di scarso valore, equivale a sentirsi poco degni di amore, cura, rispetto e di tutti i presupposti di una relazione sana. La conseguenza è quella di legarsi a individui che confermano la visione negativa che abbiamo di noi stessi. Ed ecco qui una relazione tossica appena nata, con possibili annessi e connessi: manipolazione, eventuali abusi, e via dicendo.

La sfida con sé stessi à a volte, più riteniamo un partner inaccessibile, più è eccitante il percorso che mira alla conquista, più è esplosivo il boost di autostima che proviamo nell’ottenerlo! Le relazioni che nascono con questo genere di presupposti difficilmente hanno il carattere della stabilità: non si punta a conoscere davvero l’altro, ma a conquistare un ambito trofeo che, una volta ottenuto, può non rivelarsi ciò che cercavamo davvero. In questo caso una riflessione potrebbe essere fatta sui bisogni alla base della conquista: il bisogno di dimostrare qualcosa a sé stessi, il bisogno di adrenalina o emozioni forti, il bisogno di valutare sé stessi in base all’altro, ecc

Lo spauracchio della solitudine

Scarsa autostima, pressione della società sull’unione, familiarità con certe dinamiche e idee distorte sull’amore generano quasi inevitabilmente paura di restare soli, che per altro troviamo alla base della dipendenza affettiva (leggi l’articolo sulla dipendenza affettiva a questo link). Tutti i fattori finora analizzati possono in qualche modo veicolare l’idea, in determinate persone, che trovarsi da soli è conferma del fatto che valgono poco. Che hanno poco da offrire all’altro. Oppure possono infondere la paura che da sole non si possa andare avanti, che ci sia bisogno dell’altro perché da sole non sono in grado di bastarsi e di far tutto. O che semplicemente la vita sia più bella in due, che abbia più valore. E così finiscono per scegliere partner che soddisfano questi bisogni o che scongiurano tali paure, piuttosto che partner che le rendono felici e appagate.

La valutazione di chi ha scelto la terapia online di ContactU

Come rompere il ciclo

Diciamolo una volta per tutte: impossibile amare e lasciarsi amare in modo sano se prima non si ama se stessi. Se sperimenti da tempo relazioni fallimentari, tossiche o che semplicemente finiscono senza che tu abbia esattamente compreso il perché, riparti da Te: un percorso di psicoterapia centrato su te stess* può aiutarti a far luce sulle dinamiche interne ed esterne che generano il problema.

Un percorso rivolto all’indipendenza affettiva e alla maggior comprensione di sé, passerà in rassegna alcuni o tutti i fattori citati in questo articolo: lo stile di attaccamento (come ci relazioniamo con l’altro), l’idea che si ha dell’amore e della relazione, le motivazioni alla base della ricerca di un partner e soprattutto, si concentrerà sul rafforzamento dell’autostima e sulla costruzione di un’immagine realistica di Sé, che sono le fondamenta per approcciarsi in modo sanno all’altro, e quindi alla relazione.

Così che la scelta del partner divenga un atto consapevole dettato da presupposti sani e positivi, non da un qualche tipo di necessità impellente che va soddisfatta attraverso l’altro. Perché coinvolti sì, ma svalutanti mai!

Bibliografia

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