Affacciarsi per la prima volta a un percorso terapeutico può suscitare emozioni contrastanti. Curiosità, speranza, timore, imbarazzo: tutte queste sensazioni possono emergere mentre si varca la soglia dello studio di uno psicoterapeuta (o, come capita spesso, anche molto prima). È del tutto normale sentirsi in uno stato di incertezza. Molti si chiedono se sapranno cosa dire, se saranno giudicati, o se quella persona sconosciuta saprà davvero comprenderli. Altri temono di essere “troppo” fragili o, al contrario, di non avere problemi abbastanza gravi da giustificare una terapia.
Tutti questi pensieri sono comuni e rappresentano parte integrante del primo incontro. E forse anche l’incertezza e la tensione ne sono parte integrante perché, al di là delle problematiche personali, anche se non si conosce a fondo ciò che si andrà a fare, ogni paziente sa che, entrando in quello studio (reale o virtuale, nei casi delle terapie online), metterà in gioco tutto se stesso.
Quel che quasi nessuno sa, però, è che la prima seduta (e un percorso terapeutico in generale) non ha lo scopo di giudicare, né di risolvere immediatamente un problema. È piuttosto un’occasione per iniziare a raccontarsi, conoscersi e, soprattutto, sentirsi accolti in uno spazio sicuro e protetto che pian piano si impara a conoscere e si trasforma in un posto sicuro, un luogo in cui conoscersi e sperimentarsi per portare nel mondo un modo più funzionale di esistere.
Definire gli obiettivi personali
Per placare gli stati di incertezza che i lettori ancora non svezzati alla terapia potrebbero provare, può essere utile spiegare quel che succede al primo incontro con uno specialista: ed è forse questa l’unica vera seduta che possiamo descrivere con una certa sicurezza perché, da quelle successive, ogni percorso prende una strada diversa.
Durante il primo incontro, uno degli aspetti centrali riguarda l’esplorazione delle motivazioni che hanno spinto la persona a iniziare la terapia. Talvolta, queste motivazioni sono molto chiare: un momento di crisi, un lutto, l’ansia o la depressione che limitano la vita quotidiana. Altre volte, il desiderio di iniziare un percorso psicologico nasce da una sensazione più indefinita di disagio, da un bisogno di comprendersi meglio o da una fase di cambiamento in cui si percepisce la necessità di essere accompagnati. In entrambi i casi, la prima seduta è un’occasione preziosa per cominciare a dare forma e parole a questi bisogni, anche se non sono ancora del tutto chiari.
Lo psicoterapeuta guida il paziente in questa prima esplorazione, ponendo domande aperte che aiutano a chiarire i temi più urgenti e a definire, gradualmente, degli obiettivi terapeutici. Non è necessario arrivare al primo incontro con una lista precisa di ciò che si vuole ottenere. Anzi, molto spesso il processo terapeutico aiuta proprio a scoprire aspetti di sé stessi che fino a quel momento erano nascosti o trascurati. La definizione degli obiettivi non è quindi rigida né definitiva, ma si costruisce nel tempo, attraverso il dialogo e l’ascolto reciproco.
Ciò che conta davvero è iniziare a entrare in contatto con il proprio vissuto e imparare a raccontarlo con autenticità. È proprio da questa narrazione iniziale che prenderà forma il percorso terapeutico, in una direzione che rispecchi i bisogni profondi della persona.
La terapia è relazione: imparare a conoscersi
Il percorso terapeutico è, prima di tutto, una relazione tra due persone. Non c’è niente di mistico o particolarmente oscuro alla base di una psicoterapia, se non il semplice incontro di due persone, con ruoli specifici e la volontà di lavorare insieme per uno scopo unico. Quindi, un elemento fondamentale della prima seduta è l’inizio di questa relazione. La terapia non è un processo meccanico, né una semplice raccolta di dati clinici: è prima di tutto un incontro umano. Come in ogni relazione significativa, anche in quella tra terapeuta e paziente è necessario del tempo per instaurare fiducia, sicurezza e una comunicazione sincera.
Il terapeuta si presenta, spiega il proprio approccio, chiarisce il tipo di lavoro che propone e ascolta con attenzione i vissuti della persona che ha di fronte. Al tempo stesso, il paziente inizia a conoscere chi lo accompagnerà in questo percorso, osservando il modo in cui viene accolto, il linguaggio usato, il tono della voce, lo spazio fisico in cui si trova. Questa fase iniziale è spesso attraversata da un certo grado di esitazione o di timidezza, ma è anche il momento in cui si gettano le basi per costruire una relazione terapeutica solida e autentica. Non è raro che, già dopo la prima seduta, si inizi a percepire un leggero sollievo, semplicemente per il fatto di aver condiviso pensieri ed emozioni che fino a quel momento erano rimasti chiusi dentro di sé.
In altri casi, possono emergere resistenze o dubbi, che sono parte naturale del processo e possono anch’essi essere esplorati nel dialogo terapeutico. Il professionista non è lì per fornire soluzioni immediate o giudizi, ma per camminare al fianco del paziente, offrendo uno sguardo professionale e, allo stesso tempo, profondamente umano su ciò che viene portato. È questo sguardo condiviso che consente, con il tempo, di trasformare la relazione terapeutica in uno spazio di cambiamento e crescita.
Stabilizzazione del ritmo e della struttura
Un altro aspetto importante che si definisce a partire dalla prima seduta è la struttura del percorso terapeutico. Ogni terapeuta ha un proprio metodo e un proprio approccio, che può essere più orientato al dialogo, all’analisi delle dinamiche relazionali, al lavoro sulle emozioni o alla modifica dei pensieri disfunzionali. In base a questo, e in accordo con le esigenze del paziente, si stabilisce una cadenza degli incontri, la durata delle sedute e le modalità di lavoro. Definire una struttura regolare aiuta il paziente a sentirsi contenuto, a sapere che c’è uno spazio dedicato e costante in cui potersi esprimere e lavorare su di sé. Questo ritmo favorisce la continuità e permette di entrare progressivamente nel vivo del percorso terapeutico, rendendolo più efficace. La struttura non è rigida, ma rappresenta un punto di riferimento, un “contenitore sicuro” che sostiene il processo e lo rende più stabile.
Durante il primo incontro vengono inoltre condivise le regole di base della terapia, come la riservatezza, la puntualità, l’annullamento o il recupero delle sedute, il pagamento e ogni altra informazione utile a rendere il lavoro chiaro e trasparente. Tutto questo non ha l’obiettivo di formalizzare il rapporto, ma di creare un contesto definito all’interno del quale possa emergere la spontaneità e l’autenticità del dialogo.
Il primo passo verso il cambiamento
Anche se la prima seduta non risolve i problemi che hanno portato alla richiesta di aiuto, rappresenta comunque un passaggio significativo. È, a tutti gli effetti, un primo atto di cura verso sé stessi. Iniziare un percorso di terapia significa riconoscere che si ha bisogno di un cambiamento e decidere di affrontare le proprie difficoltà con il supporto di un professionista. Questo gesto, spesso carico di coraggio, segna l’inizio di un cammino che può portare a una maggiore consapevolezza, a un miglioramento del benessere emotivo e a un senso più profondo di connessione con sé stessi.
Molti pazienti riferiscono che già dopo il primo incontro si sentono un po’ più leggeri. Parlare con qualcuno che ascolta senza giudicare, poter dare un nome alle proprie emozioni, sentirsi compresi: tutto questo ha un valore terapeutico in sé. È come aprire una porta che era rimasta chiusa per molto tempo, e intravedere finalmente la possibilità di andare oltre il dolore, la confusione o il senso di blocco. Il cambiamento in terapia non è mai immediato, ma è fatto di piccoli passaggi, di parole dette e ascoltate, di momenti di riflessione e di scoperte inattese. E la prima seduta rappresenta proprio l’inizio di questo processo, il punto in cui si inizia a scegliere, con delicatezza ma con decisione, di non rimanere fermi, di non subire passivamente la sofferenza, ma di iniziare a prendersi cura della propria storia.
In definitiva, ciò che ci si può aspettare dalla prima seduta non è una diagnosi definitiva o una soluzione miracolosa, ma un incontro autentico in cui poter iniziare a sentirsi visti, ascoltati e accolti. È un’esperienza che può aprire la strada a un processo di trasformazione profonda, in cui il dolore può essere ascoltato e integrato, e dove la persona può tornare a essere protagonista del proprio percorso di vita.
Bibliografia
I paradossi della psicopatologia (Gangemi, Mancini; Raffaello Cortina Editore, 2024).
Psicoterapia cognitiva (Perdighe, Gragnani; Raffello Cortina Editore, 2021).
Teoria e tecnica del colloquio in psicologia clinica e psichiatria (Ferracuti, Biagiarelli; Pacini Editore Medicina, 2018).
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